!ATTENZIONE AL LETTORE!

Il contenuto di questi articoli è frutto dei miei studi, esperienza, vissuto e riflessioni nel divenire che è la Vita. Nasce dalla volontà di condivisione con chiunque ne possa trarre risorse utili al proprio cammino, senza pretese di verità assolute, ma fedele a ciò che sento essere coerente. Invito il lettore a leggere senza pregiudizio, a tenere ciò che risuona e a lasciare ciò che non serve, ciascuno secondo i propri colori.

Buona lettura e buon viaggio…

Chiara

  • Il corpo (ci) parla

    …di come Vivere e Bene

    Ogni parte (tessuto, organo, apparato, sistema, ecc. )ha una o più funzioni che esprime su più piani (fisico, emotivo, psicologico) in un macro-sistema dove tutto è interconnesso.

    Così il mio stomaco accoglie e digerisce, cioè inizia a scomporre affinché possa essere assimilato, ciò che mangio tanto quanto ciò che vivo. E il mio intestino tenue discerne il puro dall’impuro, ciò che è per me utile e buono da ciò che non lo è,tanto nel bolo quanto nella vita.

    La sopravvivenza non è contemplata dalla Natura come stile di vita ma come modalità momentanea per far fronte a una data situazione.

    Il nostro cervello è programmato per la ricerca del piacere.

    Non solo sopravvivere, ma vivere pienamente.

    Se ci troviamo ad affrontare una situazione altamente drammatica, vissuta con senso d’isolamento e solitudine, nella quale viene minacciato un bisogno o una funzione biologica, nel nostro corpo partono in esecuzione dei programmi speciali e sensati, coordinati da attivazioni cerebrali, per fare in modo di tornare a vivere e bene. Questi programmi speciali e sensati attivati dai conflitti in modo totalmente inconscio e automatico, non distinguono un’asfissia fisica dal sentirsi mancare l’aria in una relazione. Non distinguono il reale dal percepito.

    La funzione che una parte (tessuto, organo, apparato, sistema, ecc.) svolge sul piano fisico è la stessa che svolge anche su tutti gli altri piani: emotivo, psicologico, energetico.

    Uno stimolo o una condizione percepiti come contrari al vivere e bene per me,

    attivano risposte coerenti alla risoluzione di quello stimolo/condizione specifica.

    Chiudo e irrigidisco spalle e scapole come un pugile per proteggermi anche se mi sento sotto attacco verbale e non solo fisico. Nei timidi o nelle vittime la posizione diventa postura.

    Se mando giù un boccone indigesto, lo stomaco potrebbe ricevere lo stimolo di rigettarlo (nausea-vomito) o produrre più acidi per favorire la digestione; se non dovesse bastare, potrebbe dover produrre più tessuto ghiandolare per produrre più acido.

    Questo dà senso a tutti quei filoni più o meno pragmatici che leggono la problematica nel sintomo.

    Da cui, la mia stitichezza, altro esempio, potrebbe non avere radice nel tipo di cibo che assumo, ma nella difficoltà a lasciar andare qualcosa, qualcuno, un’attitudine, un’idea…

    Il rischio, a navigare in queste acque, è di rimanere in superficie con banali considerazioni che restano solo sul piano teorico senza una vera e propria presa di coscienza e azione in merito. Questo è il passaggio cruciale, qui ci sono le acque più tempestose e temibili, perché le verità celate in quegli abissi potrebbero rivelare la necessità interiore, personale, della propria essenza più profonda, di cambiamenti che scuotono la mente al sol pensiero. Eppure non è un’entità esterna, una sfiga cosmica o una maledizione karmica[1] a chiedercelo, ma la nostra stessa essenza, e lo fa perché vuole vivere, ed esprimere e condividere la propria unicità.

    Viviamo in una società che teme il dolore tanto quanto la morte, e alla comparsa di un sintomo portiamo avanti battaglie alla Don Chisciotte contro mulini a vento che non sono altro che la nostra stessa ombra, ovvero ciò che ancora non sappiamo di noi.

    Blasfemo chiamare il capo, tanto quanto l’amico, per dirgli che stiamo a casa perché ci è venuto mal di testa e vogliamo prenderci il tempo con noi stessi per comprendere il nostro disagio… Meglio spegnere il campanello dall’arme e andare avanti con i paraocchi, “tanto è normale…tutti hanno mal di testa…”, “stringi i denti e vai avanti”… e così i nodi si accumulano… poi un giorno, come se non ci avesse provato a dare avvisaglie prima, il corpo ci ferma con le cattive e noi a sentirci povere vittime (per approfondire:  Il Triangolo Drammatico).

    Il Corpo non è nostro nemico, se ci prendessimo spazio e tempo per ascoltarlo ha molto da dirci sulla nostra verità. Quando stiamo male, il corpo non ci sta remando contro, esprime un nostro disquilibrio, un nostro disagio.Vista in quest’ottica, guarire non significa “combattere una malattia”, ma comprendere dove è stata persa l’armonia e la coerenza con la nostra natura e tra le nostre parti. Non è una lotta, ma una comprensione della Vita e delle leggi che ne determinano il naturale fluire. La Morte ne fa parte e riveste un ruolo essenziale.

    Come umanità abbiamo sviluppato migliaia di tecniche per aiutarci a tornare dentro, all’ascolto interiore…ma, ciechi, ci perdiamo ancora a collezionare figurine-attestati ed egocentrici “lo so già”, senza giocare nemmeno una partita… restando nel mare tra il dire e il fare e perdendoci la sostanza di quei concetti.

    Basta poco!

    1.Un po’ di allenamento nella quiete

    Ogni tanto… Mi siedo in un posto tranquillo e confortevole, dove non sarò disturbata…

    Mi concentro sul respiro…

    Inspiro… e porto dentro aria fresca,

    Espiro… con l’Intento di rilassare le tensioni…

    Se la Mente s’intromette, gentilmente allontano il pensiero con l’espirazione.

    (procedo da testa a piedi fin quando sento il corpo più rilassato possibile)

    Sempre rimanendo connessa al respiro,

    …provo…

    …a stare…

    …. con quello…

    ….che c’è….

    Come sto?…

    -Posso anche chiedere espressamente al corpo cosa ha da dirmi riguardo una situazione/relazione/persona…-

    All’inizio potrebbe non emergere nulla o potrei sentire qualcosa ma non darci peso, nell’aspettativa di chissà quale manifestazione…

    Se resto, cercando il piacere nella posizione, nel massaggio del respiro che si espande e ritira… prima o poi qualcosa emerge…

    2. Quando ho un sintomo, provo a farmi due domande in più…

    Di base: A cosa mi serve questo sintomo/situazione?… Quale vantaggio ottengo?…

    Possiamo imparare nella quiete per reagire in modo più funzionale nella tempesta.

    Come tutti i linguaggi, anche quello del corpo va appreso, e ci vuole tempo. Ha una radice che ci accomuna in quanto umanità, legata alle funzioni che la parte in questione svolge, ma nello specifico è qualcosa di intimo e personale, e vuole parlarci di noi, di come stiamo nei vestiti/personalità che indossiamo o negli schemi comportamentali che adottiamo nelle nostre giornate, nelle relazioni che instauriamo, e così via… Ci avvisa quando iniziano a starci stretti, ma non sempre ascoltiamo perché non è giusto, non è morale, non è ben visto…non posso… Sono tutti costrutti mentali che spesso, purtroppo, ci portano contro la nostra natura e se non lo capiamo razionalmente entra in gioco l’inconscio per risolvere il problema e riportarci a noi stessi.

    In quei momenti, cosa faccio?…

    So prendermi il tempo e lo spazio per ascoltarmi?…

    So darmi il tempo di riposare e recuperare?…

    Il corpo ha una grande capacità di riparazione e rigenerazione, basta pensare al fegato, di cui trapiantiamo soltanto un pezzetto, tanto è rapido nel farlo. Eppure nel fegato cirrotico non ci riesce, non perché incapace, ma perché non gli si dà il tempo di farlo, e deve rattoppare come può con tessuto connettivo.

    In conclusione, non tutti scelgono come professione il meccanico o il medico, ma credo sia utile per chiunque avere conoscenze base del funzionamento di un auto, piuttosto che di come cambiare una gomma, tanto quanto di capire come funziona basilarmente il nostro corpo, oltre che coltivare l’ascolto. Il corpo è il meraviglioso mezzo attraverso il quale possiamo fare esperienza della materia per come la viviamo ed è un potente traduttore e tramite tra conscio e inconscio. Non siamo nati con il libretto d’istruzioni. Al punto in cui siamo, ciascuno ha già sicuramente imparato tante cose, ma…

    Non siete curiosi di scoprire quali altre potenzialità possiede il vostro corpo tanto quanto quali sorprese potrebbe riservarvi la vita?…

    Vi basta davvero rassegnarvi alla triste idea che, dopo tutti ‘sti millenni di evoluzione, il nostro corpo sia così incapace da aver bisogno di tutta quella morbosa assistenza insensata che gli dedichiamo (…senza ascoltare veramente)?…

    Volete davvero credere che sia naturale e sensato invecchiare e morire in modo così indecoroso?…

    Abbiamo superbamente definito junk DNA (DNA spazzatura) quella parte di genoma di cui non avevamo capito la funzione, per poi oggi, grazie agli studi di epigenetica, fare un passo indietro e renderci conto che modula cose incredibili, dalla struttura delle cellule all’espressione del DNA stesso …chissà cosa può fare che nemmeno immaginiamo e quindi non prendiamo neanche in considerazione?!…

    Se parto dall’idea che c’è molto che non so, ma che tutto si muove secondo leggi, flussi, algoritmi… nel momento in cui il flusso si blocca significa che c’è qualcosa che non so, non vedo, non considero…

    Posso permettermi di andare alla ricerca di quel qualcosa?…

    Ne ho il coraggio?…

    …a tutti i naviganti di mari sconosciuti alla ricerca delle proprie Verità,

    Buon Vento!


    [1] Il Karma: concetto assorbito in modo distorto dall’occidente, trasformando la naturale conseguenza in punizione divina, senza comprendere che non serve seminare vento per essere insoddisfatti del raccolto!.. anche se semino fragole e mi aspetto susine, sempre frutta è, ma non quella che volevo…o in altre parole il karma è l’insieme delle opportunità di apprendere ciò che ancora non so e mi ha condotto in illusioni, spesso dolorose, in cui mi sono persa/o.

  • Il Dolore

    Tra ascolto e negazione

    Cosa è il dolore?…

    Se provo ad andare oltre la definizione specifica di una disciplina o campo di studi, al di là di tutto, il  dolore è un segnale che qualcosa mi fa male, da cui: è pericoloso per me.

    Lo proviamo noi come gli animali.

    Ha degli aspetti più fisici legati alla percezione sensoriale del dolore tramite i nocicettori, terminazioni nervose specializzate nel riconoscere stimoli in grado di produrre concretamente o potenzialmente danno tessutale (Wikipedia).

    Il senso?…allontanati da lì! …pericolo per l’integrità!

    Ha degli aspetti più emotivi e psicologici, ad esempio, nella perdita (lutto) di qualcuno o qualcosa (un’idea, una fase di vita, un ruolo, un luogo…). Questo è un altro tipo di dolore, può solo essere vissuto, accolto e accettato…inevitabile pegno alla Vita su questa Terra: ogni cosa ha un inizio e una fine, sono le regole del gioco. Provo dolore perché qualcosa o qualcuno che è stato importante per me non c’è più. Avrò tutta una serie di ricordi ed esperienze condivise che hanno contribuito a rendermi ciò che sono. Elaborare quel dolore comporta gratitudine per ciò che è stato, e creatività per trovare una nuova forma di sé, oltre la perdita.

    Penso ad esempio ad una moglie che perde il marito. Potenzialmente, se riconosce di essere donna prima che moglie, potrebbe, superato il lutto, crearsi una nuova vita. Se rimane identificata nel ruolo matrimoniale, diviene vedova.

    La non elaborazione di questo tipo di dolore, lo trasforma in sofferenza, ossia l’attaccamento a quel dolore passato, l’incapacità di lasciar andare quella persona o quella cosa o quel ruolo. Facendoci vivere nel passato anziché nel presente, ci priva dell’unico campo d’azione che abbiamo. Questo è il dramma.

    Il dolore emotivo può avere altre sfumature, come nelle ferite dette appunto emotive, dove, se ascoltato, ci può dare la stessa indicazione di quello fisico: lì non stai bene, c’è qualcosa di non sano per te…Qui però interviene, in noi umani, la Mente con i suoi costrutti di personalità e ruoli.

    Un animale, in natura, se non sta bene o qualcosa lo ferisce, o attacca o fugge, con l’opzione C del mi fingo morto (stile opossum) per il tempo necessario a salvare la pelle. Non resta e soffre, contrariamente al proprio istinto.

    Noi umani siamo un po’ più complicati, come se in noi ci fossero più parti che litigano: l’istinto di sopravvivenza cerca scampo, la personalità e i ruoli tirano acqua ai propri mulini caricati dalla mente e dalla razionalità, il tutto condito da giudici interiori e coscienze. E proprio quando pensiamo di avere tutto sotto controllo, arriva il cuore, la nostra anima o cervello biologico, che vuole vivere e bene, e che ci vuole trascinare via da tutto quel marasma verso la nostra Verità. Ma la maggior parte di noi è addestrata, fin da quando siamo piccoli, a sabotare questi tentativi di auto-salvataggio. Un bel pasticcio! Il risultato è che il cervello invia impulsi specifici all’organismo per far fronte alla situazione, che però non migliora, non si sblocca o persiste in un modo non sano per noi. In base al movimento impedito, bloccato, interrotto, la parte sollecitata e non scaricata diventa suscettibile, da cui tutti i fenomeni psicosomatici. Interessante notare come, in questi casi, il dolore fisico emerga nel momento in cui avviene lo sblocco.

    In ogni caso, il dolore arriva ad un culmine, poi passa.

    Gli eventi traumatici lasciano ferite che non sempre possono essere rattoppate solo con ago e filo, non sempre ci sono le risorse per affrontare quella cosa. Così, antichi sistemi di protezione si attivano per salvaguardare l’integrità fisica, emotiva e psichica: impacchettano tutti i dati relativi all’evento, tutte le sensazioni, sigillano e inabissano in attesa di tempi migliori. In psicologia viene chiamata rimozione, ma credo che il termine sia forviante perché nulla sparisce, ma diventa inaccessibile alla coscienza. Non per questo non agisce, anzi…

    Noi come gli animali: un cane bastonato abbasserà la testa, temendo l’ennesima botta, ogni volta che qualcuno alzerà la mano, anche se vorrà solo accarezzarlo…

    Questo fanno i traumi: distorcono la realtà sulla base di un vissuto e ci fanno andare in reazione.

    Non si può continuare a cacciare polvere sotto al tappeto, prima o poi c’è da rimboccarsi le maniche e fare pulizia. Con i tempi e le risorse giuste per noi.

    Chiamiamo ombra, parte oscura, inconscio tutto quel materiale rimosso che a volte ribolle come magma dentro di noi. Non si può eliminare. Controproducente combattere, è come una guerra civile, inutile spreco di energie. Molto più utile imparare ad entrarci in contatto, e integrare: cela risorse inaspettate che ci appartengono, a volte divenute mostruose proprio perché rifiutate.

    La nostra società sembra avere tanta paura del dolore, eppure è qualcosa che fa parte di questa vita, ha un suo senso che si è evoluto con la nostra specie e se affrontato in modo sensato, può contribuire molto alla nostra crescita, mostrandoci la strada da seguire per vivere e bene.

  • Bisogni

    Preconfezionati o su misura?

    Come mammiferi ed esseri viventi su questo pianeta abbiamo dei bisogni, comuni anche ad altre specie, che necessitano di essere appagati. Alcuni riguardano la sfera della sopravvivenza, altri la vita comunitaria e sociale, altri ancora riguardano l’espressione della propria unicità.

    La teoria dello psicologo statunitense Abraham Maslow (1908-1970) sulla gerarchizzazione dei bisogni mostra come sia difficile parlare dei massimi sistemi e della realizzazione del sé, se i bisogni base dell’individuo non sono soddisfatti. Questa teoria è ben sintetizzata dalla Piramide detta, per l’appunto, di Maslow dove troviamo: alla base i bisogni primari, salendo quelli sociali, e solo all’apice i bisogni del sé.

    I bisogni primari comprendono quelli fisiologici, tra cui l’acquisizione e ricambio di energia, quindi nutrimento ed eliminazione di ciò che non ci serve o non ci serve più.

    Non è solo fisico: aria, acqua (liquidi), cibo… ma anche psicologico ed emotivo. Non è solo quantità ma anche qualità.

    Che qualità hanno gli alimenti di cui mi nutro? …e l’acqua?…e l’aria?… (nutrimento fisico)

    Che qualità hanno le relazioni che instauro? (nutrimento emotivo)

    Ho ancora la curiosità e la spinta alla ricerca e al nuovo? (nutrimento psicologico)

    Tra i bisogni primari troviamo anche il contatto e la sessualità, nelle loro forme più semplici.

    Abbiamo bisogno del nostro spazio vitale e di un nostro territorio in cui sentirci al sicuro.

    Abbiamo bisogno di relazioni e di contatto con altri simili, e di trovare il nostro posto all’interno del branco.

    Abbiamo bisogni di poterci muovere e scoprire in cosa siamo abili.

    Abbiamo bisogno di sogni, progetti, desideri e creatività.

    Abbiamo bisogno di definire una nostra Identità, per poi scoprire che possiamo averne una per ciascun ruolo, e come attori essere tutti e nessuno…

    Abbiamo bisogno di (ri)sentire l’infinito, la bellezza insita in ogni cosa e la connessione con il tutto.

    Sono soddisfatti i miei bisogni?

    Come adulto, so prendermene cura?

    So chiedere, dove non riesco ad arrivare da sola/o?

    Tutti abbiamo questi bisogni. Se i primi non sono soddisfatti, diventa difficile soddisfare quelli successivi. Alto il rischio di andare in compensazione con stampelle esterne che divengono permanenti, pseudo-benesseri zoppicanti.

    Da piccoli impariamo come vivere dalle figure di accudimento e dal contesto in cui viviamo. Crescendo quelle modalità potrebbero rivelarsi non proprio idonee a noi o necessitano un aggiornamento.

    Spesso non è il cosa, ma il come.

    Finché il modello acquisito non ci risulta stretto, tendiamo a non accorgercene perché è normale, lo fanno tutti… a questo proposito, da sempre reputo il viaggiare in luoghi con culture diverse dalla nostra un ottimo metodo per sconquassare i propri automatismi e punti di vista (per approfondire: il punto di vista): mostra le cose da altre prospettive, siamo immersi in un’altra normalità, e quindi nuove possibilità. Modelli che possono essere provati, accolti, lasciati, personalizzati… secondo propensione.

    Abbiamo perso l’abitudine di andare a farci fare gli abiti dalle sarte. I vestiti dell’industria hanno aperto un mondo grazie all’abbassamento dei costi, ma il prezzo è stata l’omologazione.

    Se è vero che tutti abbiamo gli stessi bisogni, il come soddisfarli è personale e unico, proprio come un abito fatto su misura.

  • Cosa potrei non vedere, non sapere, non considerare?…

    Automatismi, dinamiche e fette di salame

    Quando siamo presi dalle cose da fare, dagli appuntamenti, dagli impegni… spesso andiamo in modalità pilota automatico senza rendercene conto.

    Un concetto caro a molte culture e filosofie antiche, e ripreso anche da noi occidentali, è imparare a stare nel qui e ora, ossia la capacità di stare nel presente, riconoscendovi l’unico campo d’azione che abbiamo. Il passato ormai è stato. Il futuro ancora non è, ma si dice che i suoi semi siano nel passato (quel che è fatto è fatto), e nel presente (e qui ho potere). Ma se vado in pilota automatico non scelgo la strada, non scelgo i semi… è utile se ho già impostato la rotta, ma è ancora coerente con me oggi o datata, obsoleta?…

    Vi è mai capitato di cambiare casa e quando siete un po’ più stanchi o sovrappensiero trovarvi sulla strada vecchia anziché quella nuova?

    Il proverbiale vecchio tracciato...

    Inoltre, quando ci succede qualcosa di improvviso, reagiamo secondo schemi il cui fine è la nostra sopravvivenza e integrità, il come però è specifico di ciascuno: alcuni attaccano e colpiscono, altri se la danno a gambe, altri fanno l’opossum. L’automatismo, l’istinto, la reazione è mediata da un segnale molto più rapido (0,11-0,17 secondi) rispetto al segnale ragionato (0,25 secondi). Quel famoso contare fino a dieci prima di… reagire, probabilmente nasce da questo dato di fatto.

    Come in quei (video)giochi dove i personaggi hanno la scheda abilità e punti deboli, trovo interessante andare a scoprire i propri: più mi conosco, più posso giocare le carte a mio favore.

    Esempio: so di avere una grande forza di volontà, ma una grande forza di volontà mal direzionata fa prendere delle grandi mazzate cosmiche… testato! In quei momenti non comprendevo perché le cose non fossero andate come sperato. Non vedevo e di certo non consideravo molte cose che oggi, riguardando indietro, mi appaiono evidenti come cartelli stradali catarifrangenti! Ma il proverbiale senno è detto per l’appunto di poi

    A volte è veramente incredibile quello che accettiamo per normalità, o perché è considerato giusto e buono (ma per chi?!…)…piuttosto che ciò che non vediamo, anche se ce lo abbiamo davanti agli occhi, perché troppo da accettare in quel momento, sia in senso positivo che negativo. Alla faccia delle fette di salame…

    Cosa potrei non vedere, sapere considerare?

    • I miei automatismi, condizionamenti, reazioni

    Sto vivendo o sono in modalità pilota automatico?

    Sto agendo o reagendo?

    Ce l’ho con chi ho di fronte o con qualcun altro che me lo ricorda?

    Con gli occhi di chi guardo il mondo?

    Mi muovo nel mondo con modalità che mi appartengono

    o sto imitando qualcuno che magari ammiro e stimo?

    Sto guardando le cose per quello che sono?

    • Come funziona una certa dinamica: fisica, fisiologica, emozionale, psicologica, di relazione, il decorso naturale di un conflitto, ecc. insomma, “le regole del gioco” e i naturali tempi necessari allo svolgimento di un processo. Non tutto può essere accelerato, e ci sono passaggi che non possono essere saltati, se vogliamo ottenere la chiusura di un determinato ciclo senza recidive o cronicizzazioni.
    • Un concetto, un’idea, una possibilità…se non so che una cosa esiste, non la prendo neanche in considerazione come possibilità.
    • Il punto di vista dell’altra parte, la verità dell’altro, che ha tanto diritto di esistere quanto la mia, anche se molto differente o addirittura diametralmente opposto.
    • …che fin dove è mia responsabilità posso scegliere e agire in merito, dove non mi compete posso solo accettare (es. la morte) o prendere le distanze (es. da una relazione tossica).

    Finché una cosa non la vedo, non posso neanche lavorarci, non ho potere d’azione, vittima in balia di forze sconosciute e degli eventi, trascinata da correnti invisibili.

    Osservandomi nel mio muovermi nel mondo, nel mio rapportarmi con gli altri, e con la Vita in generale, riscopro me ogni giorno. Luci e ombre. Se vedo, posso tenere in considerazione e scegliere come rapportarmi a riguardo. Certo non basta vedere, per superare un automatismo: quei 10 secondi circa di scarto tra azione e reazione la fanno da padroni, ma possiamo apprendere nella quiete per agire nella tempesta. L’abilità si affina con la pratica, e col tempo anche le rocce si lasciano plasmare dalle gocce d’acqua e dalla perseveranza del vento.

  • #NATISENZALIBRETTODISTRUZIONI#

    …ma naturalmente attrezzati

    Cosa potrebbe essermi utile sapere o ricordare?

    Ci sono degli aspetti di noi che diamo per scontati, spesso sottovalutandone il potenziale.

    Ne cito alcuni peculiari per il nostro benessere:

    • Ho un CERVELLO programmato dall’evoluzione per farmi vivere e bene.
    • Ho dei BISOGNI fisici, emotivi e psicologici.
    • Ho un CORPO con un’efficienza sviluppata in milioni di anni di evoluzione[1] e con sottovalutate capacità di preservazione di sé stesso e auto-riparazione.
    • Ho un SISTEMA IMMUNITARIO intelligente che non necessita di essere rinforzato, ma capito, la cui funzione è distinguere il sé (self) da ciò che è estraneo (non-self), ciò che mi appartiene da ciò che non mi appartiene, e risulta dannoso per la mia integrità. Più che difendere, definisce il limite tra me e l’altro.
    • Ho una MENTE consapevole di sé stessa che crea continuamente immagini, di sé e del percepito, nello scorrere del tempo (Personalità e Storia Personale).

    Se viene minacciata la sopravvivenza, una funzione biologica, l’integrità o i bisogni primari (Coerenza Biologica) si attiverà un Conflitto Biologico: il cervello orchestra questa incredibile operazione, che prevede l’attivazione di programmi sensati, speciali e specifici, per affrontare l’emergenza e riportarmi al vivere e bene. La maggior parte di ciò che chiamiamo comunemente sintomi e malattie, sono parti di questi processi. Hanno un loro senso e sarebbero da agevolare, non combattere. Se la minaccia persiste, la funzione continua ad essere ostacolata o il bisogno inappagato, avremo recidive, aggravamento o spostamento dei sintomi, fino alla MORTE.

    A volte, uno schema comportamentale o l’identificazione della mente con un ruolo blocca, soffoca, reprime il naturale impulso del mio cervello a farmi vivere e bene.

    Se due o più identificazioni dell’io (ad esempio il ruolo di madre, quello di moglie e ciò che svolgo come lavoro) vanno in contrasto bloccando una o più parti della mia vita (Coerenza Autobiografica) si sarà attivato un conflitto psicologico. Anche questo catalizza somatizzazioni, che in genere non rispondono ai farmaci, e blocchi nel flusso della vita: perdo il lavoro, le cose non vanno come vorrei, la mia relazione salta…

    La linea che separa conflitti biologici e psicologici non è sempre netta: soprattutto nel lungo termine, anche un problema psicologico può finire per intaccare i bisogni primari.

    Nell’attivazione e nella soluzione dei conflitti, di qualunque natura, hanno un ruolo determinante: la PAURA e la SOLITUDINE/ISOLAMENTO.

    La PAURA già da sola, che sia reale o percepita, può attivare un conflitto.

    SOLITUDINE e ISOLAMENTO non sono da intendere in senso solo fisico e letterale: vivo da eremita su un cucuzzolo. Le peggiori forme di solitudine si patiscono quando si è in mezzo agli altri e ci si sente soli, non compresi… o peggio, biasimati e criticati.

    Spesso la chiave non è solo in cosa si fa, ma in come lo si fa. A volte è una questione di ordine: se pulisco per terra e poi faccio le polveri, probabilmente dovrò ripassare il pavimento… se metto il lievito nella torta dopo averla messa in forno, sarà dura che lieviti… Inoltre, mettere attenzione e amore in ciò che si fa, che sia una torta, un’operazione chirurgica a cuore aperto o pulire il bagno, cambia radicalmente la qualità delle proprie azioni, del tempo speso e del risultato. Potrei citare esempi di studi scientifici, ma non c’è niente di meglio di provare, per credere!

    Infine, siamo costantemente connessi, consapevoli o meno, con tutto ciò che ci circonda, microcosmi dentro macrocosmi, con chi c’è e chi c’è stato, con ciò che c’è e ciò che c’è stato. Dentro di noi c’è la memoria di tutto il sentito e il percepito! …solo che non tutto è accessibile, quanto meno alla COSCIENZA. A volte il segnale arriva pulito, a volte ci sono interferenze, a volte è bloccato…ma il punto è: ne siamo costantemente influenzati. Ci fa guardare il mondo con delle lenti che a volte, però, distorcono la realtà fino a deformarla (per approfondire: il punto di vista). Ci fa reagire secondo schemi comportamentali non più sensati ai fini del nostro benessere: vivere e bene. (continua…)


    [1] Wikipedia – Homo habilis circa 2,5 milioni di anni fa.

  • Il Triangolo Drammatico

    gioco di potere e sottomissione

    Il Triangolo Drammatico di Karpman è un modello di interazione umana proposto dallo psichiatra Stephen B. Karpman, nel 1968. È una mappa che descrive i ruoli che assumiamo nelle dinamiche di relazione: come viene preso e perso potere, e come i ruoli influiscono gli uni sugli altri. La mappa può essere letta come dinamiche sia esterne che interne all’individuo.

    Dove c’è uno ci sono anche gli altri: il cattivo, l’eroe e il povero innocente…

    Il CARNEFICE esercita potere sulla VITTIMA, la quale, sottomettendosi perde potere.

    Se la VITTIMA cerca salvezza in un SALVATORE cede ulteriormente potere a quest’ultimo, sarà in debito, ottenendo la stessa posizione di inferiorità che aveva rispetto al CARNEFICE. Se recupera potere dal CARNEFICE con il senso di colpa, il CARNEFICE cede potere alla VITTIMA, più del dovuto.

    “Il ruolo della vittima è la forma più raffinata di vendetta”

    (Bert Hellinger, Ordini dell’amore)

    S’invertono i ruoli, ma in entrambi i casi non c’è né equilibrio di potere né un rapporto tra pari, sempre superiori e inferiori. La VITTIMA si sblocca salvandosi da sola, cioè recuperando il proprio potere, ovunque disperso.

    Se la VITTIMA non elabora il proprio dolore, rischia di fare agli altri ciò che ha subìto (diventa CARNEFICE) o di andare a risolvere i problemi degli altri anziché i propri (diventa SALVATORE).

    Il SALVATORE, apparentemente eroico, prende potere a chi pretende di salvare, e già solo per questo diventa CARNEFICE. Inoltre, soprattutto per salvataggi non richiesti, rischia di metterci l’aggravante del: “con tutto quello che ho fatto per te!” (cit. Cichory – Fiori di Bach).

    Anche il SALVATORE si sblocca quando capisce che l’unico da salvare è sé stesso, in genere, proprio da sé stesso, dai propri schemi comportamentali e legami tossici e distorti.

    ..e il CARNEFICE?…alla fine è una VITTIMA che non ha elaborato il proprio dolore, passando dal ruolo del SALVATORE (allevio, mi prendo quello degli altri senza affrontare il mio) o per via diretta (faccio agli altri ciò che mi è stato fatto). Il CARNEFICE si sblocca quando guarda in faccia quel DOLORE e se ne prende amorevolmente cura.

    Anche in questo caso, in pratica, quando salva sé stesso.

  • Possibilità, Potere personale e Salvezza

    Fluire o mordersi la coda?

    Quando qualcosa nella vita non va come vorrei, mi aspetto, spero… posso:

    A. Cercare la colpa, mia o fuori da me…

    Così, però, finisco in un circolo vizioso, un loop senza fine: il Triangolo Drammatico, gioco di potere e sottomissione.

    Questa via non mi offre alcun potere per salvarmi.

    B. Togliere il giudizio e provare ad osservare me e i fatti…

    Scoprirò che c’è qualcosa che non so, non vedo, non considero dal mio punto di vista (per approfondire: Il Punto di Vista).

    Questa via mi offre il potere e l’opportunità di crescere ed evolvere.

    Tu quale scegli?…

    Se la risposta è la B, la prossima domanda è: Come?

    Ampliando il mio punto di vista finché non scopro e comprendo quel pezzetto mancante.

    Ciò significa:

    1. Dedicare tempo e spazio, ma soprattutto attenzione, all’ascolto di me stessa/o, di come mi relaziono, come mi muovo nello spazio, come agisco e reagisco alla Vita.
    2. Mi confronto con chi potrebbe avere informazioni per me utili, mi informo.
    3. Provo ad applicare le nuove informazioni nella vita quotidiana e vedo come va…

    Se è funzionale, integro ciò che non sapevo/vedevo/consideravo nella mia vita quotidiana, in questo modo cresco ed evolvo.

    Se scopro che non è funzionale, cerco altrove e riprovo finché non trovo ciò che per me è funzionale…

    Promemoria: nella modalità prestazione, a volte mi dimentico che ho il diritto di sbagliare. Provare è necessario per imparare e questo comporta anche degli errori.

    Nessun fallimento è tale, nella comprensione di ciò che lo ha generato.

    Non sempre è facile affrontare la Vita in questo modo, a volte capitano cose così grosse, pesanti e dolorose che non si vede appiglio di salvezza o redenzione. Non tutto si può affrontare da soli, ci sono profondità in cui è meglio entrare accompagnati: senza le giuste risorse, non solo ci si potrebbe perdere, ma si potrebbe anche aggravare la situazione.

    Tuttavia, come dice il detto: aiutati che dio ti aiuta

    Da adulti è importante imparare a conoscersi e comprendersi, soprattutto se la posta in gioco è il nostro benessere! Ho sperimentato sulla mia pelle quanto sia potente il lavoro dall’interno: senza che fuori cambi nulla, cambia radicalmente il modo in cui lo si vive… Ed è lì che avviene la vera magia: iniziamo ad accorgerci di ciò che c’è, e non solo di ciò che manca…e col tempo anche il fuori si trasforma, coerente con la nostra personale verità… tutto ciò è di una potenza incredibile!

    Fa paura?… sì, da morire!

    Vale la pena?… assolutamente sì!

  • Il punto di vista

    Lenti e Colori, Reale o Percepito?

    Ciascuno di noi guarda la vita attraverso delle lenti.

    Il nostro cervello capta segnali dal mondo esterno attraverso i sensi, registra le informazioni e le rielabora secondo schemi propri e acquisiti lungo il corso della vita.

    Da piccoli siamo stupore totale nei confronti di un mondo sconosciuto. Crescendo le esperienze creano binari preferenziali, schemi e caselle ed etichette. La tendenza è a guardare il mondo con meno stupore e più aspettativa. 

    Alla nascita, probabilmente, siamo un 360° di percezione attraverso quello che possiamo definire il nostro diamante, cioè la nostra essenza più profonda, la nostra Unicità, i nostri colori. Già solo questo, rende il percepito di ciascuno di noi unico, anche se rilevato attraverso gli stessi sensi che ci accomunano come specie e che condividiamo con altre. Oggi possiamo immaginare come vede un pipistrello grazie ai radar, piuttosto che altre specie grazie ai sonar. Come umanità, con i sensi di cui siamo dotati, percepiamo una percentuale davvero piccola della realtà che ci circonda. Abbiamo inventato strumenti che captano onde, segnali, che ci hanno aperto mondi su parti di realtà fino a quel momento a noi ignote.

    Chissà quanto ancora c’è, che neanche immaginiamo!…

    Ma torniamo a quel diamante, quella lente pura e cristallina…

    Nasciamo in una famiglia, in un paese o città, in uno stato, in un continente…

    Ciascuno è come un filtro, e quelli citati sono solo i principali. Ciascun filtro dà una sua sfumatura alla realtà, secondo i propri schemi, ideali, dogmi, tabù, illusioni ecc. Può essere bella o brutta, non importa, il punto è che, a volte, la realtà percepita da me potrebbe essere molto distante da quella percepita da altri. Dove io, per cultura, potrei vedere evoluzione, un altro potrebbe vedere degrado e viceversa. Oppure come cani e gatti…personalmente convivo con entrambi, ma nel tempo mi sono resa conto che c’è un punto chiave nella comunicazione delle due specie: il cane scodinzola quando è felice, il gatto quando caccia…e sì, è comunque felice, ma diciamo che il primo ne ha prese parecchie prima che si capissero!

    Perciò, se parto dal presupposto che c’è molto che potrei non vedere, sapere, considerare, percepire, ecc. un po’ mi sento un granellino di sabbia in un mare infinito, però, nello stesso tempo,  più ripulisco la mia lente, più posso vedere meglio attraverso il mio diamante e consegnare al mondo quel pezzetto di verità che solo io posso portare con la mia unicità. Questo credo che sia, al di là di tutto, il valore di ciascuno di noi, tessere di un infinito mosaico.

    Come gli occhiali, a volte, fanno condensa e si appannano, a volte le emozioni offuscano la visuale, tanto la gioia quanto la rabbia, la paura o la tristezza. Qualcuno, a tal proposito, consigliava di non prendere decisioni importanti quando si è troppo felici o troppo tristi. Le emozioni non rappresentano un problema in sé, anzi, sono grandi indicatori, se ascoltati, di come stiamo basta essere consapevoli che in quei momenti il controllo e la lucidità non sono ai massimi livelli. Il vero problema sono le emozioni represse o comunque non elaborate, soprattutto il dolore, che distorcono la realtà in modo sensibile e spesso mostruoso condizionando il nostro presente e la nostra vita.

    Esistono potenzialmente innumerevoli punti di vista, alcuni saranno simili, altri diametralmente opposti, come due che guardano versanti diversi della stessa montagna.

    Credo che sia inutile discutere su quale sia il migliore, mentre trovo molto più interessante vedere come si amplia il quadro, e quindi le possibilità, integrandoli:

    Tu potresti vedere qualcosa che io, dal mio punto di vista, non vedo…

    Sta poi a me comprendere se può o non può essermi utile. Alcuni potrei non condividerli, è una scelta personale, ma hanno comunque diritto di esistere quanto il mio, tessere di un infinito mosaico.

  • L’approccio Olistico

    Una parte, tutte le parti, tutte le parti in tutti i loro aspetti…

    L’aggettivo “olistico” origina dal sostantivo “olismo”, che a sua volta deriva dalla parola greca ὅλος, hòlos, che significa “tutto”, inteso come intero, totale, globale.

    L’olismo è una posizione teorica secondo la quale le proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue singole componenti, poiché la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore, o comunque differente, delle medesime parti prese singolarmente.

    – Wikipedia: come cit. di Alessia Mattacchioni, in Dalla Fisica Alla Metafisica, alla voce “olismo”, Tombolini, 2018 –

    L’olismo può essere applicato a diversi ambiti, dalla scienza alla filosofia.

    In generale, in ambito di salute e medicina, vengono definite discipline olistiche quelle che prendono in considerazione l’individuo nella sua totalità: non siamo fatti di sola carne, ma siamo un più o meno armonioso insieme di corpo fisico, istinti, emozioni, desideri… Abbiamo una mente razionale, degli istinti e un cuore, che non sempre vanno nella stessa direzione. Viviamo in un contesto (famiglia, città, stato, continente…) che influenza la nostra vita, il nostro pensiero, le nostre modalità.

    Credo che il benessere derivi da una magica armonia di tutte le parti, nessuna esclusa e che non abbia molto senso prendersi a pezzi e sperare che aggiustando il singolo pezzo tutto torni a funzionare armoniosamente…magari una fase, ma non la risoluzione.

    Credo, inoltre, anche che niente arrivi dal nulla, che ci sia sempre una cascata di eventi che ci porti al guasto, solo che spesso siamo poco attenti ai dettagli… ai segni che si manifestano prima dei sintomi, alle emozioni e sensazioni con le quali il cuore ci parla per avvisarci che la mente ha preso una strada poco sensata per noi, ma che troppo spesso ignoriamo.

    Posso avere una dieta perfetta e su misura, fare sport e avere uno stile di vita sano, ma se odio il mio lavoro, o sono invischiata in relazioni tossiche o non ho sviluppato autostima e amor proprio, una parte di me non starà comunque bene e, se non ascoltata, prima o poi, cercherà di attirare l’attenzione sul proprio disagio, magari con dei mal di testa, o con disturbi digestivi, o con un’altra somatizzazione… siamo diversi, ciascuno con i propri punti deboli e punti di forza…segni e sintomi sono bravi a seguire il “principio del minimo sforzo”, proprio come l’acqua scorre sempre naturalmente verso valle.

    Siamo olistici e viviamo in un sistema olistico. Che ci piaccia o no, tutto è connesso e le alterazioni di una parte influisco, in modo non necessariamente lineare, sulle altre parti del tutto.

    Perciò: perché continuare a prenderci a pezzi?…